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mercoledì 19 maggio 2021

Appunti per: I CODICI DI BRUNO DA LONGOBUCCO

 

Antonio Maria Adorisio

 

Appunti per: I CODICI DI BRUNO DA LONGOBUCCO

 

 1 - Aggiornamenti

 

Un catalogo di manoscritti è un procedimento razionale che elenca e descrive secondo parametri definiti un insieme di testimonianze manoscritte. Attraverso la scelta dei parametri il catalogo può raggiungere finalità assai diverse ed è capace di soddisfare le esigenze degli studiosi secondo le esigenze specifiche delle varie discipline. Perciò, se ognuno ne può trarre un utile particolare, è opinione generale che uno strumento catalografico possa facilitare il lavoro di tutti.

Il catalogo di un autore medievale non è necessariamente finalizzato all’edizione critica delle opere (recensio per i filologi), ma anche alla più ampia valutazione storica e culturale della sua fortuna e dell’ambiente geografico e sociale della sua diffusione. Ciò è valido anche per un autore quale Bruno da Longobucco, la cui conoscenza storica, a causa della scarsezza di documenti, è affidata, per ora, prevalentemente alle testimonianze manoscritte delle sue opere.

Ogni testimonianza scritta delle opere di Bruno, indipendentemente dalla sua posizione nello stemma critico del testo, assume il significato di documento storico e culturale unico della presenza e della fortuna dell’autore nell’ambito della cultura scritta e della letteratura scientifica[1].

Nel 2006 in occasione di un progetto culturale promosso dal Comune di Longobucco ho avuto l’opportunità di pubblicare un contributo catalografico dal titolo: I codici di Bruno da Longobucco[2]. Il lavoro si prefiggeva di costruire un catalogo delle testimonianze manoscritte delle opere di Bruno conservate nelle biblioteche di tutto il mondo. Un catalogo è anche una mappa della diffusione e della fortuna geografica di un autore e dei suoi testi. In questo lavoro ero stato preceduto dalle ricerche di padre Francesco Russo e di Mario Tabanelli. Entrambi gli studiosi avevano fornito delle liste di codici evidentemente non esaustive. Il Tabanelli anzi si era spinto a scrivere che i codici di Bruno «non sono numerosi», traendone la considerazione che ciò indicava «la scarsa diffusione che ha avuto l’opera di questo Autore»[3].

La verifica di questa asserzione aveva alimentato il mio interesse per i manoscritti di Bruno, anche perché intersecava la mia linea di ricerca paleografica e codicologica sulla cultura grafica latina nell’area calabrese. Scrittore calabrese di nascita, Bruno da Longobucco avrebbe potuto teoricamente alimentare con le sue opere la produzione libraria della regione[4]. Ipotesi da non scartare perché le fonti archivistiche documentano la presenza a Longobucco e nelle terre limitrofe di un Giovanni da Longobucco, medico licenziato nel 1277-1278; Soldano di maestro Nicola da Longobucco chirurgo abilitato nel 1308-1309; Federico da Longobucco chirurgo abilitato nel 1320-1321 e 1322-1323[5]. Non si può negare ‘a priori’ che questi chirurghi, accomunati a Bruno da prossimità geografica e cronologica, abbiano avuto cognizione delle sue opere e le abbiano ricopiate in tutto o in parte. Qualche codice di Bruno potrebbe rispondere a questa ipotesi.

La mia raccolta catalografica era cominciata già nel 1969, mentre ero bibliotecario della Biblioteca Nazionale di Napoli. Approfondendo la mia conoscenza del ricco fondo di manoscritti della biblioteca, rinvenni i due manoscritti di Bruno da Longobucco che la Biblioteca conserva[6]. Passato, successivamente, alla Biblioteca Casanatense di Roma potei esaminare un altro prezioso codice di Bruno, acquistato dai Domenicani nel 1760[7]. Nella stessa Biblioteca potei constatare la presenza di un manoscritto della versione ebraica di Hillel ben Samuel da Verona[8].

Dopo queste prime localizzazioni la ricerca dei codici di Bruno diventò costante nel corso delle occasioni e degli spazi che il lavoro istituzionale mi offriva. Contemporaneamente allargai la ricerca alle biblioteche non italiane e cominciai a richiedere alle relative biblioteche fotografie e microfilm (Erfurt, Lipsia, Montpellier, Monaco, Vienna). Nel 1977 mi recai negli Stati Uniti, a New Haven, ospite di parenti e non potei mancare l’occasione di visitare la Yale University ed esaminare il prezioso e bellissimo codice che vi si conserva[9].

Attraverso le ricerche bibliografiche, in tempi in cui ancora non era giunto l’aiuto di Internet, appresi che ad Oxford (UK), nel 1957, la studiosa Susan Penelope Hall aveva elaborato una tesi dottorale intitolata: The Cyrurgia magna of Brunus longoburgensis: a critical edition[10]. La scomparsa prematura dell’Autrice, tuttavia, non aveva permesso la diffusione a stampa del lavoro. Purtroppo la tesi risultò gravata in quel periodo da clausole che ne consentivano lo studio solamente ad alcuni studiosi dichiarati all’atto del deposito: «authors of theses should be asked at the time of deposit to give their consent in writing, and that this consent should be inserted in the deposit copy of theses»[11]. Il prestito fu perciò negato.

Rinviando a miglior occasione la possibilità di consultare la tesi della Hall non perciò volli abbandonare il mio progetto catalografico. Questa stessa difficoltà non aveva indotto altri studiosi a rinunciare al loro studio. Così Delio Vania Proverbio, che nel 2002 aveva pubblicato un contributo assai rilevante per la conoscenza delle «versioni ebraiche» e dei relativi manoscritti senza poter utilizzare la tesi di Hall[12]. Il saggio validissimo di Proverbio passa in rassegna i codici della traduzione ebraica della Chirurgia magna dovuta a Hillel ben Samuel, mostrando come priva di fondamento l’esistenza di una seconda traduzione ebraica dovuta a Jacob ben Jehuda.

Nel 2004 Alfredo Focà, ordinario di microbiologia all’Università di Catanzaro “Magna Graecia”. portava a compimento un lavoro che comprende uno studio bio-bibliografico su Bruno e trascrive il testo latino delle Chirurgia Magna, e Parva, traendole dall’edizione a stampa del 1546 e arricchendole con una traduzione in lingua italiana moderna. Il lavoro si proponeva di far conoscere meglio la figura di Bruno e delle due opere[13]. Gli studi di Focà suscitarono molto interesse fra gli studiosi calabresi e il Comune di Longobucco istituì un ‘Premio Internazionale di Medicina’ che fu assegnato per la prima volta a Longobucco il 24 Agosto 2005. Il riconoscimento fu assegnato al Prof. Giorgio Palù dell’Università di Padova e al Dott. Paolo Aurea dell’Università di Bologna[14].

Nel successivo anno 2006, 1-2 Dicembre, l’assegnazione del Premio avvenne a Padova, sotto il patrocinio dell’Università e del Comune di Padova. In questa occasione fu collocato nell’Aula Vesalio dell’Università un busto bronzeo raffigurante Bruno e il Comune di Padova denominò “Passeggiata Bruno da Longobucco” il viale di un parco cittadino[15]. Il premio di questa seconda edizione fu assegnato ai Professori di Padova Remo Naccarato e Francesco Antonio Manzoli.

       Negli anni successivi le iniziative del Comune di Longobucco subirono una battuta d’arresto. Come capita spesso dalle nostre parti, la nuova amministrazione mise da parte le iniziative intraprese dalla precedente, tra le quali c'era anche la mia proposta di acquisizione della tesi di Susan Penelope Hall per facilitarne una più ampia conoscenza.

Gli eventi di Padova mi spinsero a radunare le schede dei manoscritti di Bruno e a presentarle sotto forma di volume ai partecipanti alla manifestazione[16]. Potevo, così, adempiere all’esigenza di raccogliere in un corpus unitario e tendenzialmente esaustivo le descrizioni sommarie dei codici, avendo come principale finalità una ricognizione della diffusione delle opere attraverso le testimonianze della tradizione disperse nelle biblioteche di tutto il mondo. Il volume raccoglieva un corpus comprensivo dei manoscritti della Chirurgia magna, di quella Parva, dei codici delle volgarizzazioni italiane, dei codici delle versioni nelle lingue nazionali europee, nonché quelli della versione ebraica di Hillel ben Samuel. Ho aggiunto anche una lista dei codici perduti o erroneamente attribuiti. mentre in appendice ho trascritto il Titulus finalis presente nel codice di Montpellier. A queste parti catalografiche ho premesso una introduzione in cui ho esaminato i problemi cronologici e bio-bibliografici e tracciato una geografia della diffusione e della fortuna delle opere di Bruno nel medioevo e agli albori dell’età moderna. Il lavoro profuso per radunare e comporre questo mosaico di notizie può essere apprezzato solo da chi conosce la durezza della ricerca bibliografica e la costanza richiesta dall’incertezza dei suoi percorsi.

In quello stesso anno 2006, mentre si svolgevano i preparativi per l’evento di Padova, e senza che se ne avesse tempestiva notizia, vide la luce a Firenze un saggio sulla storia della chirurgia medievale. Lo studioso americano Michael Mc Vaugh, sotto il titolo: The Rational Surgery of the Middle Ages, interpretava con lo sguardo critico dello storico della medicina i primordi della chirurgia fra sec.XIII e sec.XIV, evidenziando la posizione rilevante occupata da Bruno da Longobucco nella svolta aurorale verso la razionalità dell’arte chirurgica[17].

Il saggio del Mc Vaugh, che si avvale dell’edizione critica della Chirurgia magna di Susan Hall, conferma l’importanza di Bruno nella storia della medicina medioevale, aggiungendo più cogenti motivazioni all’impegno profuso con le nostre iniziative bibliografiche e artistiche per illustrarne e divulgarne la figura. Purtroppo la coincidenza delle date di edizione non ha consentito di cercarne una reciproca sinergia.

L’impegno delle istituzioni locali si rivelò, purtroppo, transitorio. Più tenace la passione e l’interesse dei singoli studiosi non ha cessato di operare. Nuovi interessi hanno attratto l’attenzione sui testi dei volgarizzamenti delle due Chirurgie. Particolarmente significativo è stato il lavoro compiuto da uno studioso dell’Università di Siena, Emanuele Ventura.

Questi ha svolto un difficile lavoro di studio e trascrizione linguistica del codice della Biblioteca Civica “Angelo Mai” di Bergamo (Ms MA 501), che contiene un volgarizzamento della Chirurgia magna[18]. Il progetto, inquadrato in un disegno più ampio di studio dei testi di contenuto scientifico volgarizzati, ha portato all’edizione critica del testo della Chirurgia magna. Il Ventura, avvalendosi largamente dell’impianto storico, bibliografico e del catalogo dei codici da noi elaborato, ha esaminato tutti i problemi legati alla figura di Bruno da Longobucco e alla relativa tradizione manoscritta. Un lavoro meticoloso i cui risultati arricchiscono le nostre conoscenze e costituiscono un riferimento non eludibile per chi nell’avvenire vorrà intraprendere nuovi studi su Bruno.

Fra i diversi problemi Ventura analizza in particolare quello dell’Explicit/Prologus, o Commendatio libri, o Titulus finalis, di cui nel mio saggio ho fornito la trascrizione traendola dal codice di Montpellier[19]. Questa parte del testo, che come scrive Ventura «resta però il punto più controverso nella tradizione latina della Chirurgia magna», è assai importante soprattutto sotto il profilo storico, in quanto proprio in questa parte dell’opera Bruno si qualifica esplicitamente calabrese:

Gente Calaber et patria Lo(n)gobucce(n)sis [20].

Riproduco nella seguente immagine un altro particolare della stessa pagina nella quale si legge ancor più esplicitamente :

Liber Cyrurgie maioris Magistri Bruni Lo(n)gobuccensis:

(Particolare dal codice di Monaco Clm 13057. Tutti i diritti riservati. Copyright.)

L'esame di Ventura che ha potuto avvalersi anche della tesi di Susan Penelope Hall, è assai accurata e nel valutare il testo riportato nel codice di Montpellier giunge alla conclusione che questo è interpolato e «porta a escludere senza grossi ostacoli l’autenticità del passo». Autore dell’interpolazione sarebbe un ignoto maestro di Montpellier ansioso di trasmettere ai suoi allievi sani precetti di deontologia professionale.

Nella mia edizione anche io stesso avevo espresso il sospetto che si trattasse di un testo interpolato, ma trattandosi di una testimonianza unica mi era sembrato prudente non escludere alcuna possibilità. L’identificazione delle interpolazioni, a cui sono pervenuto in tempi recenti, aiuta ora a precisare il problema.

Nel Titulus di Montpellier si constata che la parte nuova del testo è inserita senza soluzione di continuità nel discorso di Bruno. Il testo coincide con quello già noto sino alla frase: «ex hoc enim veniet super te successio laudabilis, fama, et gloria magna»[21]. Subito dopo, alla c.86rA, r.24, continua con la parte interpolata sino alle parole: «non nominemini mendici mali» (c.86rA, r.35). A questo punto è riportata, senza menzione dell’autore, una lunga citazione di Albucasi, nella cui opera a stampa si trova indicata come Verba Albucasim, a cominciare dalle parole: «Multocies cadit evacuatio cum sanguine» e sino a: «quoniam illud est in manu eius» (c. 86rA, r.35 - 86rB, r.30)[22]. Nel testo della Chirurgia Bruno cita spesso Albucasi sempre nominandolo, anzi nel prologo ne dichiara il nome come uno dei sapienti antichi a cui lui attinge. Nel Titulus di Montpellier Albucasi non è nominato, quasi  fosse facilmente riconoscibile.

Più avanti, dopo il ricordo delle circostanze e della fatica della scrittura, troviamo inserita una nuova e ampia citazione, che ho potuto riconoscere come un passo tratto dal prologo dell’opera Pantegni di Costantino Africano: «Actoritas (così) Y(pocratis) quales debeant esse discipuli» (cc.86rB, r.30 - 86vB, r.3)[23]. Anche questa interpolazione è rimasta incognita al Ventura, a cui non sfugge, tuttavia, la discontinuità grammaticale e sintattica nel punto dell’inserimento[24].

Al termine di queste due importanti citazioni il testo del Titulus si riallaccia all’invocazione conclusiva, già presente nelle edizioni a stampa di Bruno: «Deus Omnipotens inspiret tibi gratiam suam, teque ad cognitionem vie melioris perducat. Amen» (ed.1498, 102vB, rr.21-22). Il testo del codice di Montpellier, tuttavia, continua ancora con un’altra frase inedita, nella quale sono enumerate le auctoritates che hanno costituito le fonti sulla cui base è stato compilato «istud prologum». Gli autori qui menzionati sono più numerosi di quelli già citati precedentemente. Si aggiungono ora Ippocrate, Costantino Africano, Mesue, Serapione, e il più recente Jean de Saint-Amand, che con la sua nazionalità francese potrebbe avvalorare come autore delle interpolazioni un maestro di Montpellier (Ventura).

L’ipotesi del Ventura conserva la sua plausibilità, tuttavia non si può non constatare che i passi interpolati, quello di Albucasi e quello di Costantino Africano, appartengono ad autori conosciuti e citati anche da Bruno e ciò, forse, rende meno netta l’esclusione della sua paternità.

Nel Titulus finalis è presente anche un altro problema: quello relativo alla qualificazione toponimica dell’origine di Bruno: «Gente Calaber et patria Lo(n)gobuccensis» (Monaco CLM 13057, c.60vA, r.37)[25]. Ma nella tradizione, secondo il lavoro critico della Hall, prevale un’altra lezione: «patria Longoburgensis», che si propaga sino alle prime edizioni a stampa.

Seguendo l’edizione della Hall, Ventura preferisce Longoburgensis limitandosi a spiegare fuggevolmente che questa forma «è la più presente nei manoscritti latini»[26].

Il problema posto da questa lezione non è indifferente e non può essere considerato marginale perché coinvolge il nome del paese, e pertanto obbliga a qualche ulteriore riflessione. In linea generale credo che non bisogna lasciarsi ingannare dall’incolpevole ignoranza dei copisti medievali. Certamente Bruno, ben consapevole del nome esatto del suo paese, lo avrà dettato correttamente nella sua opera. Dobbiamo dubitare, invece, dei copisti, spesso di cultura linguistica diversa, ignari della geografia del lontano paese calabrese. L'ignoranza del toponimo da parte dei trascrittori si constata soprattutto nei codici delle volgarizzazioni, nelle quali compaiono le forme più strane. Alcuni esempi: Longobruçese (Lucca, Bibl. Stat., ms 1306; v. I codici n.27), Longoburgisse (Lucca, Bibl. Stat., ms 1628; v. I codici n.28), Longobrogo, Lungoborgo (Roma, Bibl. Cors., Rossi 147; v. I codici n.54), Borgo Longo (Edizione a stampa 1510, c.14vA), Legoburgensi, Leoburgensis (Wien, Ősterr. Nationalbibl., Hs. 2818; v. I codici n.74), ed altre ancora.

Incertezze di lettura e di trascrizione sono presenti anche nella tradizione latina del testo e in uno stesso codice. Così, ad esempio, nel manoscritto Casanatense 506 di Roma (v. I codici n.52): nell'incipit della Chirurgia magna, a c.3r, si legge la forma abbreviata Longobũgēsis, che si deve sciogliere in Longobu(r)ge(n)sis. Ma nell'inizio del secondo libro della stessa opera, a c.67r, leggiamo la forma Longobũcēsis, che si scioglie in Longobu(r)ce(n)sis. Analoga incertezza si riscontra anche nel Pal. lat. 1323 (v. I codici n. 63) della Biblioteca Apostolica Vatiacana. I copisti trascrivono ora la forma Longoburgensis, ora l'altra, Longobuccensis.

La forma Longobuccensis ha il pregio di coincidere con la giusta aggettivazione latina del toponimo volgare Longobucco, documentato in fonti sicure e cronologicamente coeve[27]. Sembra logico credere che sia questa la forma dettata dallo stesso Bruno. Infatti non pochi manoscritti latini restituiscono questa lezione: il codice della Laurenziana di Firenze, Gaddiano LVII (v. I codici n.10); i due codici di Monaco Clm. 450 e Clm. 13057 (v. I codici nn.36, 37); il codice VIII. D. 56 di Napoli (v. I codici n.38); il codice Fritz Paneth 28 di Yale (USA) (v. I codici n.40); i codici Palat.lat.1314 (v. I codici n. 60), Palat.lat.1315 (v. I codici n.61) della Biblioteca Apostolica Vaticana; il codice Hs. 2301 (Univ. 942) di Vienna (v. I codici n.72). Una ricorrenza che non può essere considerata insignificante e che a noi non suona come errore dei copisti. In sede di edizione critica mi sembra quanto meno opinabile scartarla solo per motivi quantitativi.

Purtroppo l’editio princeps di Venezia (1498), e le successive ristampe cinquecentine, ripetono la forma più frequente, generando molti equivoci sull’origine di Bruno e sul toponimo stesso di Longobucco.

Sull’origine calabrese di Bruno, oggi, non vi sono più dubbi. Tanto più che egli stesso la conferma anche in un altro passo della Chirurgia Magna. Nel Libro II, cap.VII, dove tratta De scroffulis et de aliis superfluitatibus, analizzando l’origine del gozzo, che sarebbe causato dalla natura dell’acqua potabile, Bruno scrive:

 

... Et contingit hoc sepe fieri in regionibus in quibus est aqua multe grossitiei et multe viscositatis, qua pacientes utuntur (...) Unde in Calabria et in Valle Solis huius aegritudo multiplicatur propter crossitiem et viscositatem aque [28].

 

[Capita spesso che si formi nei territori in cui c’è acqua pesante e densa che i pazienti usano, (...) Onde in Calabria e in Val di Sole questa infermità si propaga per la pesantezza e viscosità dell’acqua].

 

Bruno in questa frase riafferma la sua origine territoriale anche in rapporto a una patologia che egli ha osservato nella sua terra d’origine. In aggiunta emerge anche un riferimento alla Val di Sole, in Trentino, dove non si può escludere che Bruno, mentre soggiornava a Padova o a Verona, si sia recato e, forse, abbia anche abitato[29]. Il Ventura considera questo riferimento alla Val di Sole come un fenomeno della tradizione testuale che tende ad attualizzare e ricontestualizzare il testo in rapporto a chi ne trae copia[30]. A noi, che tendiamo ad essere desiderosi di riferimenti storici, sembra piuttosto una traccia autobiografica in cui si congiunge la pregressa esperienza medica fatta nella terra d’origine con quella acquisita nel corso dell’esercizio professionale a Padova e nelle terre limitrofe[31].

          Una novità si segnala anche per quanto concerne la traduzione in ebraico della Chirurgia magna ad opera di Hillel ben Samuel, rabbino, medico e filosofo, figura eminente della cultura ebraica medievale. Yossef Scwartz, dell’Università di Tel Aviv, studioso di questo personaggio, ha proposto recentemente una cronologia delle sue opere che pone la traduzione della Chirurgia di Bruno tra il 1275 e il 1278, preceduta e seguita dalle traduzioni di due opere di Galeno[32]. Questa datazione sembra confermare la versione ebraica della Chirurgia magna come la prima delle altre traduzioni e volgarizzazioni.

 (© dell’Autore. Continua con la seconda parte: Integrazioni)


[1] Per una riflessione critica sulla problematica catalografica dei libri manoscritti è fondamentale l’opera di Armando Petrucci, La descrizione del manoscritto. Storia, problemi, modelli, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1984. e «si parva licet» la mia recensione: Sul recente libro di A. Petrucci, La descrizione del manoscritto (Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1984), in «Associazione Italiana Biblioteche. Bollettino d'informazioni», XXV (1985), pp.23-28; cfr. anche il mio intervento: La descrizione dei manoscritti al bivio tra catalogazione e documentazione, in: Documentare il manoscritto: problematica di un censimento. Atti del Seminario di Roma, 6-7 aprile 1987, a cura di Tristano Gargiulo, Roma, Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche, 1987, pp.15-27. Nell’ambito del dibattito catalografico per una catalogazione istituzionale del patrimonio dei manoscritti delle biblioteche pubbliche italiane è toccato a chi scrive il compito di coordinare la redazione e la pubblicazione della: Guida a una descrizione uniforme dei manoscritti e al loro censimento, Roma, Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche, 1990. Da questo impegno è nato il progetto MANUS, finalizzato alla costituzione di un Data-base catalografico dei fondi di manoscritti delle biblioteche pubbliche italiane ed oggi nell’Indice SBN.

[2] Antonio Maria Adorisio, I codici di Bruno da Longobucco. In appendice il «titulus finalis» inedito della Chirurgia Magna, Patrocinio dell'Ammistrazione Comunale di Longobucco, Edizioni Casamari, 2006.

[3] Francesco Russo, m.s.c., Medici e veterinari calabresi (sec.VI-XV). Ricerche storico-bibliografiche, Napoli, Tip. Laurenziana, 1962; Mario Tabanelli, Un chirurgo italiano del 1200, Bruno da Longoburgo, Firenze, Leo S. Olschki, 1970, p.131.

[4] Antonio Maria Adorisio, Codici latini calabresi. Produzione libraria in Val di Crati e in Sila tra XII e Xlll secolo, Roma, Gela Editrice, 1986; Id., Produzione libraria e biblioteche nella Calabria medievale, in: Storia della Calabria medievale, II. Culture Arti Tecniche, a cura di Augusto Placanica, Roma-Reggio Calabria, Gangemi Editore, 1999, pp.115-148.

[5] Raffaele Calvanico, Fonti per la storia della medicina e della chirurgia per il Regno di Napoli nel periodo Angioino (a. 1273 – 1410), Napoli, L’Arte tipografica, 1962, pp. 21 n.230, 129 n. 1004, 147 n. 1266, 154 n. 1374, 202 n. 1949, 204 n. 1974.

[6] Adorisio, I codici, pp.48-49, nn.38, 39.

[7], Id., I codici, p.53-54, n.52.

[8] Id., I codici, p.54, n.53.

[9] Id.,I codici, pp.49-50, n.40-

[10] Oxford, Bodleian Library, Ms. D. Phil. c.345: Susan Penelope Hall, The Cyrurgia magna of Brunus Longoburgensis: a critical edition. University of Oxford, 1957.

[11] Richiesta di prestito inoltrata il 12 Dicembre 1990 tramite l’Ufficio Prestiti Internazionali della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.

[12] Delio Vania Proverbio, Ancora sulle «versioni ebraiche» della Chirurgia Magna di Bruno da Longobucco, in «Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Classe di scienze morali storiche e filologiche. Rendiconti», CCCIC (2002), vol.13, pp.625-639, e più precisamente p.630: «Non avendo potuto utilizzare HALL 1957 (edizione critica inedita della Chirurgia magna di Bruno), ho costituito un testo eclettico ad hoc sulla base di alcuni manoscritti latini a mia disposizione».

[13] Alfredo Focà, Maestro Bruno da Longobucco chirurgo. Traduzioni di E. Mancini. Con la relazione di F. Rombolà al Convegno su Bruno tenuto a Longobucco il 22 Agosto 2001, Reggio Calabria, Laruffa Editore, 2004 (Brutium et Scientia, 4).

[14] Sindaco pro tempore Arch. Emanuele De Simone. Cfr. Atti Premio Internazionale di Medicina Bruno da Longobucco. Storia e tradizioni scientifiche in Calabria. Longobucco, 24 Agosto 2005, s.l., Plane, 2005.

[15] Cfr. Atti Premio Internazionale di Medicina II Edizione Bruno da Longobucco. Storia e tradizioni scientifiche in Calabria, Padova 1-2 dicembre 2006, Plane, 2007. Il busto bronzeo è opera dello scultore di Longobucco Thomas Pirillo. Lo stesso artista ha fuso la statua monumentale di bronzo eretta nella piazza principale di Longobucco (CS).

[16] Adorisio, I codici di Bruno da Longobucco. cit. Si veda anche il breve discorso di presentazione a Padova in: Atti Premio Internazionale di Medicina II Edizione..., cit., pp.36-41.

[17] Michael Mc Vaugh, The Rational Surgery of the Middle Ages, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2006 (Micrologus, 15); cfr. anche la recensione di Cornelius O'Boyle. in: Bulletin of the History of Medicine Johns Hopkins University Press, vol. 82, n. 2, 2008, pp. 436-437.

[18] Emanuele Ventura, La «Chirurgia Magna» di Bruno da Longobucco in volgare, Berlin/Boston, Walter de Gruyter GmbH, 2020 (Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie. Band 438); cfr. anche I codici, n.2.

[19] Adorisio, I codici, pp.69-79.

[20] Traggo questa lezione da c.60vA del cod. CLM 13057 (I codici, n.37).

[21] Editio princeps, 1498, 102vB, r.21.

[22] Albucasis, Chirurgia, Pars II. De incisione, perforatione et flebotomia in vulneribus et his similibus. Verba Albucasim [Venetiis, L.A.Giunta, 1520], c.130vA. Non trovo edizioni più recenti di quest’autore.

[23] Burnett, Jacquart, Constantine the African ... The Pantegni and related texts, 1994, passim.

[24] Ventura, La «Chirurgia Magna» ... in volgare, p.51.

[25] Adorisio, I codici, p.48, n.37.

[26] Ventura, La «Chirurgia Magna» ... in volgare, p.13, nota 41.

[27] Sul nome di Longobucco si veda Giovanni Alessio, Il nome di Longobucco, in «Archivio Storico per la Calabria e la Lucania», V (1935), pp.243-246; Id., Saggio di toponomastica calabrese, Firenze, Leo S. Olschki, 1939, p.221, n.2207. Sicure evidenze documentarie sono raccolte nel mio saggio: Il nome di Longobucco in alcune fonti documentarie e cartografiche, in: AA. VV. , Longobucco, dal mito alla storia. Testimonianze e studi in memoria di Mons. Giuseppe De Capua, [A cura di Antonio Maria Adorisio], Longobucco, Edizioni Librare, S.Giovanni in Fiore (CS), 2008. pp.75-91, Tav.I.

[28] München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 450, c.35rA (v. I codici..., n. 36).

[29] Val di Sole, attualmente nel Comune di Pellizzano, Trento. Cfr. anche Quirino Bezzi, Toponimi romani nella Val di Sole, in: Atti della Accademia roveretana degli Agiati, vol.19, 1979, pp.88-89. Nell’edizione a stampa di Venezia del 1546, c.124vB, la Val di Sole non compare.

[30] Ventura, La «Chirurgia Magna» ... in volgare, pp. 177-178.

[31] Antonio Maria Adorisio, Bruno “Eccellentissimo Chirurgo”. Un emigrante d’eccezione: Bruno da Longobucco dalla Calabria a Padova, 2005, pp.7-18.

[32] Yossef Schwartz (Tel Haviv University), Cultural Identity in Transmission: Language, Science, and the Medical Profession in Thirteenth-Century Italy; in: Entangled Histories. Knowledge, Authority, and Jewish Culture in the Thirteenth Century. Edited by Elisheva Baumgarten, Ruth Mazo Karras, and Katelyn Mesler. PENN. University of Pennsylvania Press, Philadelphia, 2017, pp. 190, 196. Tesi ripetuta anche in: Early Manifestations of Jewis Italian Renaissance and Their Multi-Cutltural Dimension: Hillel ben Samuel ben Elazar of Verona, Convegno on-line 12 Aprile 2021)