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giovedì 4 febbraio 2010

IL GRIFO E L’ANCORA




Prima aggiunta

    Appena otto anni prima, nel 1525, Erasmo da Rotterdam tesseva l'elogio delle officine Aldine, scrivendo da Basilea a Francesco d'Asola, erede di Aldo il Vecchio: «le vostre officine mi sono care quanto le buone lettere, che amo tantissimo e che alla vostra impresa devono tanto quanto a nessun'altra». Il genio d'Erasmo s'inchinava all'impresa dell'Ancora.
    Lo stesso Erasmo, che conosceva bene i protagonisti della cultura umanistica italiana, ne ricordava con rimpianto i grandi maestri, Ermolao Barbaro, Angelo Poliziano e il più giovane Filippo Beroaldo, le cui opere ammirava (…quorum scripta semper veneratus sum…).
    Ora quel Poliziano, venerato da Erasmo, si può leggere all'insegna del Grifo lionese. E il suo lettore sembra condividere le convinzioni erasmiane. Egli ha lasciato sul libro tracce, non numerose ma eloquenti, che ne rivelano l'ammirazione per il Poliziano: alcune postille alla prolusione di Poliziano a Svetonio, il suo ex libris, e, infine, una rilegatura in pergamena insolitamente "polizianesca".

 
(Continua)