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domenica 24 gennaio 2021

 

COSENZA

 

S. Maria del Pilerio in una stampa incisa da Domenico dell’Acerra.

 

 

S. Maria del Pilerio è il titolo con cui si venera l’icona di Maria Vergine e Madre nella Cattedrale di Cosenza. Il titolo originario della Cattedrale era quello di S. Maria Assunta, confermato nel 1222 quando la chiesa fu riconsacrata dall’Arcivescovo Luca di Casamari, alias Campano, alla presenza di Federico II di Svevia[1].

Nella Cattedrale di Cosenza il culto mariano comprendeva tutte le festività che l’anno liturgico riservava alla Madre di Gesù. Nel calendario del Liber Usuum dell’Arcivescovo Luca, scritto durante la sua reggenza (1203-1224/1229), sono elencate la Purificazione a Febbraio, l’Annunciazione a Marzo, l’Assunzione ad Agosto, la Natività a Settembre. Inoltre sono indicate tre messe votive differenti: nel tempo di Avvento, da Natale alla Purificazione, e la terza per il resto dell’anno[2]. A queste commemorazioni furono aggiunte in seguito anche la Visitazione a Luglio, la Presentazione a Novembre.

Nel 1576, a seguito della miracolosa cessazione di una pestilenza che fede e devozione popolare attribuirono a Maria, raffigurata nell’icona antica, l’immagine con la denominazione di “Madonna del Pilerio” perché collocata su un pilastro della chiesa, acquisì nuova e particolare rilevanza[3]. A partire da questi eventi Maria Santissima del Pilerio è considerata e venerata anche come ‘Protettrice di Cosenza’. Nel secolo XVIII (1779)[4] le venne dedicato, in una cappella barocca, un sontuoso altare di marmi pregiati con la seguente iscrizione:

 

HAEC NOS QUAM COLIMUS DE PESTE REDEMIT IMAGO

PRODIGIUM LABES DENOTAT ORTA GENIS.

 

Questa immagine che noi veneriamo ci ha salvato dalla peste;

la macchia sorta sulle guance mostra il miracolo.

 

La fede popolare interpretava le sfumature di colore delle gote annerite per le ridipinture e gli anni come la manifestazione palese che la Madonna aveva preso su di sé i bubboni della peste, liberandone i suoi fedeli cosentini.

L’icona mariana di Cosenza è opera del XIII secolo e ha subìto successive ridipinture, che per lungo tempo ne hanno occultato le caratteristiche iconografiche e stilistiche originarie, rendendo poco leggibile l’immagine, i cui tratti genuini sono stati recuperati nei recenti restauri[5].

Tutte le riproduzioni dell’icona anteriori al ripristino dell’antica iconografia, sia copie manuali che a stampa, mostrano un’immagine lontana da quella originale.

Non si sottrae a questa contingenza una stampa settecentesca incisa, firmata e datata, che appare rara e significativa.

L’esemplare che descrivo è incollato sulla carta di guardia anteriore della rilegatura di un’opera dell’Arcivescovo di Cosenza Giovanni Battista Di Costanzo (1591-1617), Avvertimenti per l’Ufficio del Rettore Curato (Roma 1606).

Si tratta di un’opera indirizzata ai parroci, nella quale vengono impartite tutte le istruzioni utili per una corretta gestione delle chiese e delle liturgie. Un’opera destinata ai parroci, che oggi torna anche utile per comprendere il contesto architettonico e le varie funzioni degli edifici sacri. Il libro del Di Costanzo è arricchito da un frontespizio inciso e firmato da un artista attivo a Roma tra Cinque e Seicento e assai rinomato: Matthias Greuter[6]. Nella finissima incisione, oltre lo stemma del Di Costanzo e i suoi emblemi che esprimono il motto: Prudentes estote - et vigilate in orationibus, è raffigurato anche quello che forse era il sigillo della Diocesi: in un campo ovale Maria SS. Assunta s’innalza al cielo; nel campo il motto di stampo Virgiliano: Aspice praesens; attorno al castone la dicitura: Sanctae Metropolitanae Ecclesiae Cusentinae. La raffigurazione di questo sigillo sembra suggerire che ancora nel 1606 il titolo della Chiesa Cosentina fosse quello di Maria Assunta in cielo.


Fig. 1 - Particolare del frontespizio inciso dal Greuter (Foto dell’Autore. Tutti i diritti riservati).

 Alla rarità di questo testo, che in base all’Opac SBN manca nelle biblioteche nazionali di Firenze, Roma, Napoli, Cosenza, il nostro esemplare aggiunge la particolarità di essere arricchito con una stampa incisa in rame raffigurante la Madonna del Pilerio.

Nella incisione l’iconografia di Maria è quella della Madre che allatta il Bambino Gesù. Rappresentata in una frastagliata cornice barocca, sormontata da due angeli che reggono una corona è sospesa nel cielo che sovrasta una veduta di Cosenza.

 

 

Fig. 2 - Immagine di Maria SS. del Pilerio (Foto dell’Autore. Tutti i diritti riservati).

 La figura della Madonna è delineata quale appariva al disegnatore e all’incisore che la riprodussero, secondo l’aspetto camuffato nei secoli dalle numerose ridipinture. Nel margine inferiore della stampa leggiamo l’iscrizione presente ancora oggi sull’altare della Cattedrale, con in più la precisazione della sede in cui si praticava il culto: 

HAEC, NOS, QUAM COLIMUS DE PESTE REDEMIT IMAGO.

PRODIGIUM LABES DENOTAT ORTA GENIS.

Colitur in Metropolitana Consentina Ecclesia.

 Sotto il quadro è incisa una veduta di Cosenza, che si colloca tra le più antiche della città e di cui non trovo menzione nelle opere storiografiche sulla città. Nessun accenno ne trovo nella documentata storia della città del Rubino, né nel volume curato dal Mazza[7].


 Fig. 3 - Particolare con veduta di Cosenza (Foto dell’Autore. Tutti i diritti riservati).

 La veduta è più sintetica di quelle del Pacichelli e del Castiglione Morelli[8]. Tuttavia il profilo della città appare sicuramente ben caratterizzato nei suoi elementi significativi della Cattedrale e del Castello, nei suoi fiumi e nei relativi ponti.

Pregio particolare di questa stampa è di essere firmata e datata dall’incisore. Sul terzo rigo dell’iscrizione, sul lato destro, in carattere corsivo minutissimo, si legge:

Dom: dell’Acerra F. 1785

 Domenico dell’Acerra fece nel 1785


 Fig. 4 - Particolare con la firma dell’Incisore (Foto dell’Autore. Tutti i diritti riservati).

 L’Artista che si firma è un pittore e incisore napoletano, i cui estremi biografici e cronologici si possono collocare tra il 1730 e il 1793[9]. Apprezzato come incisore, fu anche illustratore di libri e come tale è l’autore delle bizzarre tavole che ornano l’edizione napoletana del romanzo popolare settecentesco di Seriman Zaccaria (Venezia, 1708-1784), Viaggi di Enrico Wanton alle terre incognite australi, ed al paese delle scimie  (Napoli, 1756-1775).

Come incisore di soggetti sacri è meno conosciuto, ma la nostra stampa ne costituisce una testimonianza sicura, confermata da una seconda stampa a soggetto sacro conservata nella Biblioteca Nazionale di Firenze: si tratta della raffigurazione della Madonna del Buon Consiglio di Genazzano (Roma).

Non ho elementi per dire se Dell’Acerra abbia ritratto l’icona mariana dal vivo a Cosenza, o, forse più probabilmente, abbia riportato sul rame un disegno fornitogli dalla committenza. Talune insufficienze del disegno farebbero propendere per questa seconda ipotesi. Resta in ogni caso ignota la committenza, che si potrebbe ravvisare ipoteticamente nel Capitolo stesso della Cattedrale. La data, infatti, del 1785 colloca questa stampa negli anni immediatamente successivi al devastante terremoto del 1783 che distrusse molte zone della Calabria, ma risparmiò Cosenza per intercessione, come vuole la leggenda devota, della SS. Maria del Pilerio.

Una stampa ottocentesca, che sembra copiata da questa di Dell’Acerra. è riprodotta nel saggio di Intrieri senza alcuna descrizione[10].

Più significativa si mostra un’immaginetta fotolitografica a colori dello scorso secolo, che riproduco di seguito, perché finalmente Maria SS. del Pilerio viene indicata come “Protettrice di Cosenza”:

 


 Fig. 5 - Protettrice di Cosenza (Foto dell’Autore. Tutti i diritti riservati).

  Non so giudicare la rarità della stampa di Dell’Acerra, che, dato il silenzio delle fonti, appare certamente non comune. Tuttavia non si può escludere che sia già nota, anche se non divulgata. L’esemplare che ho descritto non è pervenuto nelle migliori condizioni, come è ben visibile nelle foto riprodotte, ma costituisce un bel documento della religiosità dei Cosentini. (© Tutti i diritti riservati).

Antonio Maria Adorisio



[1] Vincenzo Maria Egidi, Raffaele Borretti, Regesto delle Pergamene dell’Archivio Capitolare ..., Cosenza 1996, p.11, n.3.

[2] Antonio Maria Adorisio, Il «Liber usuum Ecclesiae Cusentinae» ..., Casamari 2000, pp.223-229.

[3] Vincenzo Donnarumma dei Minimi, Cosenza Mariana, Cosenza 1951, pp.49-61.

[4] Luigi Intrieri, La Cappella e il culto della Madonna del Pilerio nella Cattedrale di Cosenza, in «Parola di Vita. Documenti», s.d., pag.13 n.7, riporta l’iscrizione che ricorda l’edificazione dell’altare.

[5] Maria Pia Di Dario Guida, Cultura artistica della Calabria medioevale, De Mauro 1978, pp.19-21.

[6] Incisore, nato intorno al 1564/66 a Strasburgo. Si convertì al cattolicesimo nel 1594; si trasferì a Roma nel 1603 fino alla sua morte nel 1638. A lui si devono le incisioni che illustrano il trattato sulle macchie lunari di Galileo Galilei.

[7] Gregorio E. Rubino, Maria Adele Teti, Cosenza, Bari, Editori Laterza, 1997 (Le città nella storia d’Italia); AA.VV., Cosenza. Storia Cultura Economia, a cura di Fulvio Mazza, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1991.

[8] Rubino, p. 139 n.52.

[9] Benezit, Dictionary of artists: Dell'Acerra, Domenico. Italian , 18th century , male. Painter , engraver. Portraits, urban landscapes. Active in Naples, in the second half of the 18th century. He is best known for his engravings, portraits, views and maps.

[10] Intrieri, fig. n. n.