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sabato 1 agosto 2020

Ricordando Maurizio Calvesi:

un sentimento d’amicizia nel segno del Polifilo Prenestino


Antonio Maria Adorisio

    Forse, dovrei scrivere “nel sogno”, ma mi sembra una superflua tautologia. Il Sogno di Polifilo, sin dal 1499 quando è venuto alla luce, ha continuato a generare sogni su sogni. La vaporosa aura di bellezza e la dotta trama in cui Polifilo resta invischiato mentre ricerca la sua desideratissima Polia continua a irretire anime sensibili al loro fascino.
    Una fra le più innamorate è stata certamente quella di Maurizio Calvesi, scomparso a 92 anni nei gioni passati (24 Luglio).
     Per lo storico dell’arte che vive a Roma è difficile, se non impossibile, sottrarsi all’evidenza delle antichità romane che con maggiore o minore frequenza incontra lungo ogni percorso quotidiano, dentro e fuori le mura. Se ti muovi dentro la città gli obelischi e gli archi ti vengono incontro nei nodi cruciali del traffico, i circhi e gli anfiteatri generano immense vertigini di spazi, le colonne e i capitelli di cipollino o travertino occhieggiano fra le muratura degli edifici, albicando tra le malte di rossa pozzolana e i ben costrutti sesquipedali delle figuline imperiali. Se ti allontani, poi, lungo le vie consolari antiche, lasciando alle spalle le carovane degli archi degli antichi acquedotti, può succedere di pellegrinare da un mausoleo a un colombario, epigrafati con i nomi di fortune passate, o, ancora raggiungere il grande rudere sulla collina, il tempio della Fortuna Primigenia, con il suo tesoro di mosaici, dal quale, se il giorno ti arride, puoi scorgere il monte Circello e il ceruleo occhieggiare della Maga che ammaliò mitici navigatori erranti.
   In quale altra città del mondo il viaggio di un personaggio, Polifilo, partorito dalla fantasia sublime di uno scrittore può essere simulato da questa stessa realtà? Non può che apparire naturale che un giovane storico dell’arte, nutrito da tanta bellezza, abbia provato quegli stessi sentimenti di fascinazione che prova Polifilo nel suo itinerario. In quale altra opera letteraria o poetica si compie un viaggio fra tante meravigliose rovine come nel Sogno di Polifilo? La realtà e l’invenzione letteraria si confondono, il sogno simula la vita, la vita il sogno. Bisogna essere nati a Roma, come Maurizio Calvesi, per capire che lo storico dell’arte e della cultura romana, non può che associare la sua esperienza a quella dell’immaginario e straordinario autore del Polifilo. Il quale, poi, non può essere altro che un romano, o, al meno un Signore, come il Principe di Palestrina, Francesco Colonna Prenestino.
   L’imperdonabile fascinazione coinvolse anche il giovane bibliotecario, quando nel corso di lavori di riordinamento della collezione degli incunaboli della Biblioteca Casanatense, fu spinto a interpretrare alcune tendenze e caratteristiche della produzione editoriale romana di fine secolo. Ne nacquero due articoli (-Editoria e libro illustrato a Roma nel sec.XV, in «Accademie e Biblioteche d’Italia», XLIV (1976), 206-213, Figg.1-2; -Cultura in lingua volgare a Roma fra Quattro e Cinquecento, in: Studi di biblioteconomia e storia del libro in onore di Francesco Barberi, A.I.B., Roma, 1976, 19-36, Tav.I). In entrambi gli scritti non potei che restare attratto e menzionare l’articolo di Maurizio Calvesi con la nuova identificazione dell’autore del Sogno di Polifilo (Identificato l’Autore del Polifilo, in «L’Europa letteraria», VI (1965), 9-20).
   Il Sogno di Polifilo, intanto, divenuto il sogno di Maurizio Calvesi, ricevette nuove attenzioni, a partire da memorabili corsi universitari attraverso i quali l’appassionata ricerca si trasmise a una schiera di valorosi allievi, fra cui l’ottimo amico Stefano Colonna. Gli studi confluirono in due volumi monografici: nel 1980 Il sogno di Polifilo prenestino (Roma, Officina Edizioni), e nel 1996 La «pugna d’amore in sogno» di Francesco Colonna romano (Roma, Lithos editrice). Con un’attenta e dottissima analisi Maurizio Calvesi ha esplorato l’opera in tutti i suoi più nascosti elementi, giungendo a evidenziarne «il rilievo che il Sogno di Polifilo ha nella storia del pensiero di una grande epoca» (Eugenio Garin).
   La mia consonanza con il sogno di Maurizio Calvesi ha generato anche un filo di amicizia umana, che oggi viene reciso, ma che si è manifestato con il dono di una copia della Pugna d’amore, che mi fu recapitata a mano con indirizzo manoscritto autografo sulla busta:
 
   Francesco Colonna: uno straordinario frate domenicano imbevuto di classicità coadiuvato da un disegnatore mantegnesco, oppure un Signore singolarmente avvertito degli sviluppi del pensiero umanistico in quel crogiuolo di letterati e di artisti esaltati dalla scoperta delle antichità romane e attirati dai Papi rinascimentali? Fermo restando il giudizio sull’opera letteraria espresso da Eugenio Garin, le opinioni sul volto dell’Autore divergono, ma non nell’occhio dell’usuale frequentatore di Roma, che continua a leggerne le copiose tracce nelle rovine antiche dell’Urbe e del Suburbio.
   Irretito dal fascino del Sogno di Polifilo, continuo ancora a sovrapporre il sogno e la realtà e a credere che solo un raffinato Signore, “Prenestino” o “Romano” che fosse, abbia potuto operare questa mirabolante favolosa alchimia.
   Vale, Maurizio Calvesi, e grazie per i bellissimi studi e le strade che hai aperte, che ci permettono ancora di vegliare nel
Sogno di Polifilo !
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