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martedì 12 marzo 2019


Aprigliano, Martirano, Scigliano, frammenti erratici

di cultura e civiltà municipale.

 

 

      Raccolgo sotto questo titolo tre frammenti di storia di tre paesi calabresi, Aprigliano, Martirano, Scigliano, che esprimono i valori di quella civiltà e dignità municipale, che talvolta si tendono a ignorare, se non legati a prerogative di città maggiori. Di questa Calabria minore si dimenticano i tanti aspetti assai utili per tramare un tessuto di storia culturale non lontano da quello di altre terre della Penisola.

Il mio sguardo su queste comunità, poi, è anche alimentato da una componente emozionale: il mio trisavolo materno, Antonio Tucci, è nato a Marzi, tra Aprigliano e Scigliano, il 16 Giugno 1788, passando, poi, ancor giovane a Scigliano. Il suo ricordo, emerso talvolta nelle conversazioni famigliari, ha trovato riscontro in alcune carte del piccolo archivio domestico.

      I tre frammenti che ora propongo raccontano storie diverse e hanno ognuno una storia diversa. Sono granelli di quello sciame di fonti documentarie scritte che le alterne vicende delle persone e degli archivi, particolarmente in Calabria, hanno disperso ovunque.

 

1 - Aprigliano.

 

Nella famiglia Cosentino si legge Torquato Tasso.

 

Da Aprigliano proviene un piccolo libro che conservo con la massima considerazione. Il libricino in 12°, consta di 322 pagine, stampate fittamente in corsivo con le “rime piacevoli” di Cesare Caporali, «accresciute ... di molte Rime gravi, et burlesche del Sig. Torquato Tasso, del Sig. Anibal Caro, et di diversi nobilissimi ingegni», ed è stampato in Ferrara tra il 1590 e il 1592[1].

L’esemplare in esame presenta caratteristiche singolari e di sicuro interesse.Dentro una legaturina originale[2] in piena pergamena molle, riadattata e, purtroppo, alquanto sciupata, il nostro ‘Tassino’ mostra sul recto della carta di guardia, questa nota di possesso:

 

«Ex libris Xaverij / Co(n)sentini Apriliano / 22 feb(bruari)o 1696»

 




©Copyright Antonio Maria Adorisio

 

A p.3 recto, dove comincia la dedica dello stampatore al «Molto Mag(nifico) Signor Lodovico Righetti Patron mio osservandiss(imo)» la nota di possesso è ripetuta con una simile formulazione, ma senza data:

 

«De libris / Xaverij Co(n)se(n)tini / Aprili-/-ani».

 

Le due note sono scritte dalla stessa mano in una scrittura minuta e fluida, leggermente inclinata a destra. L’inchiostro è grigio ferro, quasi nero.

Gli elementi onomastici e cronologici di queste due note ci proiettano senza ombra di dubbio nel seno della famiglia Cosentino, cui apparteneva il poeta Carlo (1671-1758), non semplice lettore, ma anche traduttore della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso nel dialetto calabrese[3].

Carlo Cosentino solo recentemente è stato fatto oggetto di una monografia, mirante, soprattutto, a precisare le coordinate storiche e biografiche della sua vita[4]. Le citazioni che ne fanno gli storici della letteratura regionale sono alquanto numerose, ma tutte assai sbrigative. Letterato senza fantasia, secondo alcuni, il Cosentino merita, forse, maggiore considerazione, almeno sotto il profilo linguistico. Se non altro per aver dato con la sua opera una sicura dimostrazione della duttilità e della capacità del dialetto regionale di esprimere la grande poesia di uno dei massimi poeti italiani[5].

Ritornando alle note che leggiamo nel nostro piccolo libro, ci chiediamo quale rapporto intercorresse tra Saverio Cosentino, possessore e lettore del volumetto, e il poeta Carlo.

Gli elementi biografici raccolti dal Quattromani permettono di sapere che Carlo aveva un figlio che si chiamava Francesco Saverio, nato nel 1706. Evidentemente non è questo il Saverio possessore del nostro libro, annotato da un Saverio nel 1696. Se, però, Carlo impose al figlio il nome di un nonno, secondo l’uso comune in Calabria, allora il Saverio lettore di versi nel 1696 non potrebbe essere altri che questo. Il nipote Carlo, che nel 1696 aveva 25 anni, non potè non avere questo libro tra le mani.

Come recita il titolo, il libricino si vanta di pubblicare una silloge di versi di Torquato Tasso, e avrà probabilmente contribuito al consolidamento della predilezione del Poeta nella famiglia Cosentino. Per comodità del lettore che non conosce questa edizione riporto un indice delle poesie attribuite al Tasso:

 

p.260, Del Signor Torquato Tasso. All’Illustrissima S. D. Virginia de’ Medici.

p.262, La Testudine di S. Torquato Tasso, alla medesima.

p.263, Del Sig. Torquato Tasso.

[incipit:] L’Anno son’ io, che fo sì cari balli.

p.264, La Primavera del Medesimo.

p.265, A Ferrara.

p.266, A Fiorenza.

p.267, A la Santità di N. S. Sisto Quinto.

p.268, A la gran Duchessa di Toscana.

p.268, Al Duca di Parma.

p.269, Nel nascimento del Prencipe di Savoia.

p.270, Nel nascimento del Prencipe di Mantova.

p.271, Nel nascimento de la figliuola degli Eccellentiss(imi) Signori, il Sig. Marchese di Pescara, et la Signora D. Lavinia de la Rovere.

p.272, Al Prencipe di Parma.

p.273, Al Sig. Don Ferrante Gonzaga.

p.273, Al Signor Camillo Albizi Ambasciatore di Toscana.

p.274, Al Medesimo sopra la sua arma.

p.274, Al Sig. Conte Giulio Tassone.

p.275, A la Signora Renata Pica.

p.276, Nella trasportazione delle Cenere di Cesare, detta la Guglia.

p.276, Al Sig. Anton. Maria Bardi.

p.277, In morte de la Principessa di Parma.

p.277, In morte di Monsignor Muretto.

p.278, Ne la morte del Sig. Horatio Zanchini.

p.279, In morte de la figliuola del Signor Conte Gio. Paulo (...).

p.279, Risposta al Signor Curtio Arditio.

p.280, Al Padre Don Angelo Grillo.

p.280, Risposta a Don Angelo Grillo.

p.281, Al Sig. Conte Annibal de Pepoli.

p.283, Ne la caduta d’una Donna, et uno suo Innamorato l’aiuta levare.

p.283, Uno a la sua Innamorata.

p.284, Al Sig. Marco Pii.

p.285, A la Signora Barbara Turca Pia.

p.286, A la Signora Donna Marfisa d’Este.

p.288, Sopra una impresa.

p.288, Caccia amorosa.

p.290, Al Signor Agostino Mosti.

p.292, Al Signor Druso Barberano.

p.293, A le gatte.

p.294, Sopra la barba del Signor Giacomo Paesano di Modona.

 

Torquato Tasso, poeta grave e pensoso nei libri scolastici, in queste composizioni si mostra più leggero e legato alla quotidianità, condividendo aspetti più domestici della vita delle corti. Eventi d’attualità pubblici e privati, nascite, morti, bizzarrie, messe in versi e affidate a un piccolo libro, che arriva fin nella montuosa Calabria, in mano a letterati locali che ne sanno apprezzare l’arte e ricavarne anche profitto.
 
(Continua)




[1] Il frontespizio è perduto. La dedica dello stampatore Benedetto Mammarello è datata il 1 Ottobre 1590. In CNC-Edit 16 la sesta edizione appare pubblicata, oltre che a Ferrara nel 1592, anche a Venezia e a Parma, e di nuovo a Venezia nel 1593.
[2] Sul leggero cartoncino che consolida il piatto anteriore s’intravvede la scritta di un nome: Finetti de Sanctis (mano del sec. XVIII).
[4] Francesco Quattromani, Carlo Cosentino (Aprigliano 1671-1758). Aspetti biografici inediti del traduttore della Gerusalemme Liberata in dialetto calabrese, ricostruiti attraverso lo studio di fonti documentarie autentiche, Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, 2005; cfr. anche Pasquale Tuscano, La letteratura in lingua dal Seicento all’Illuminismo, in: Lezioni di Letteratura calabrese, a cura dell’Istituto di Istruzione Superiore Liceo Ginnasio Statale “G. Garibaldi” Istituto Statale d’Arte “A. Alfano” Castrovillari, Cosenza, L. Pellegrini, 2005, pp. 120-122.
[5] Cfr. Rocco Capozzi (edited by), Tra ‘Cantar sommesso’ ed emulazione del modello; Carlo Cosentino e la ‘trasmutazione’ in dialetto calabrese della Gerusalemme Liberata, in: Italo Calvino: lightness and multiplicity, «Rivista di studi italiani» (Toronto), 2003, pp. 49 sg.