Aprigliano, Martirano, Scigliano, frammenti erratici
di cultura e civiltà municipale.
Raccolgo sotto
questo titolo tre frammenti di storia di tre paesi calabresi, Aprigliano,
Martirano, Scigliano, che esprimono i valori di quella civiltà e dignità
municipale, che talvolta si tendono a ignorare, se non legati a prerogative di
città maggiori. Di questa Calabria minore si dimenticano i tanti aspetti assai
utili per tramare un tessuto di storia culturale non lontano da quello di altre
terre della Penisola.
Il mio sguardo su queste comunità, poi, è anche alimentato
da una componente emozionale: il mio trisavolo materno, Antonio Tucci, è nato a
Marzi, tra Aprigliano e Scigliano, il 16 Giugno 1788, passando, poi, ancor
giovane a Scigliano. Il suo ricordo, emerso talvolta nelle conversazioni
famigliari, ha trovato riscontro in alcune carte del piccolo archivio
domestico.
I tre
frammenti che ora propongo raccontano storie diverse e hanno ognuno una storia diversa.
Sono granelli di quello sciame di fonti documentarie scritte che le alterne vicende
delle persone e degli archivi, particolarmente in Calabria, hanno disperso ovunque.
1 - Aprigliano.
Nella famiglia Cosentino si legge Torquato Tasso.
Da Aprigliano proviene un
piccolo libro che conservo con la massima considerazione. Il libricino in 12°,
consta di 322 pagine, stampate fittamente in corsivo con le “rime piacevoli” di
Cesare Caporali, «accresciute ... di molte Rime gravi, et burlesche del Sig.
Torquato Tasso, del Sig. Anibal Caro, et di diversi nobilissimi ingegni», ed è stampato
in Ferrara tra il 1590 e il 1592[1].
L’esemplare in esame presenta caratteristiche singolari e
di sicuro interesse.Dentro una legaturina originale[2]
in piena pergamena molle, riadattata e, purtroppo, alquanto sciupata, il nostro
‘Tassino’ mostra sul recto della
carta di guardia, questa nota di possesso:
«Ex libris Xaverij / Co(n)sentini Apriliano / 22
feb(bruari)o 1696»
©Copyright Antonio Maria Adorisio
A p.3 recto,
dove comincia la dedica dello stampatore al «Molto Mag(nifico) Signor Lodovico
Righetti Patron mio osservandiss(imo)» la nota di possesso è ripetuta con una simile
formulazione, ma senza data:
«De libris / Xaverij Co(n)se(n)tini / Aprili-/-ani».
Le due note sono scritte dalla stessa mano in una
scrittura minuta e fluida, leggermente inclinata a destra. L’inchiostro è
grigio ferro, quasi nero.
Gli elementi onomastici e cronologici di queste due note
ci proiettano senza ombra di dubbio nel seno della famiglia Cosentino, cui apparteneva
il poeta Carlo (1671-1758), non semplice lettore, ma anche traduttore della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso
nel dialetto calabrese[3].
Carlo Cosentino solo recentemente è stato fatto oggetto
di una monografia, mirante, soprattutto, a precisare le coordinate storiche e
biografiche della sua vita[4].
Le citazioni che ne fanno gli storici della letteratura regionale sono alquanto
numerose, ma tutte assai sbrigative. Letterato senza fantasia, secondo alcuni,
il Cosentino merita, forse, maggiore considerazione, almeno sotto il profilo
linguistico. Se non altro per aver dato con la sua opera una sicura
dimostrazione della duttilità e della capacità del dialetto regionale di
esprimere la grande poesia di uno dei massimi poeti italiani[5].
Ritornando alle note che leggiamo nel nostro piccolo
libro, ci chiediamo quale rapporto intercorresse tra Saverio Cosentino,
possessore e lettore del volumetto, e il poeta Carlo.
Gli elementi biografici raccolti dal Quattromani
permettono di sapere che Carlo aveva un figlio che si chiamava Francesco
Saverio, nato nel 1706. Evidentemente non è questo il Saverio possessore del
nostro libro, annotato da un Saverio nel 1696. Se, però, Carlo impose al figlio
il nome di un nonno, secondo l’uso comune in Calabria, allora il Saverio
lettore di versi nel 1696 non potrebbe essere altri che questo. Il nipote Carlo,
che nel 1696 aveva 25 anni, non potè non avere questo libro tra le mani.
Come recita il titolo, il libricino si vanta di pubblicare
una silloge di versi di Torquato Tasso, e avrà probabilmente contribuito al
consolidamento della predilezione del Poeta nella famiglia Cosentino. Per comodità
del lettore che non conosce questa edizione riporto un indice delle poesie
attribuite al Tasso:
p.260, Del Signor
Torquato Tasso. All’Illustrissima S. D. Virginia de’ Medici.
p.262, La Testudine
di S. Torquato Tasso, alla medesima.
p.263, Del Sig.
Torquato Tasso.
[incipit:] L’Anno
son’ io, che fo sì cari balli.
p.264, La Primavera
del Medesimo.
p.265, A Ferrara.
p.266, A Fiorenza.
p.267, A la Santità
di N. S. Sisto Quinto.
p.268, A la gran
Duchessa di Toscana.
p.268, Al Duca di
Parma.
p.269, Nel
nascimento del Prencipe di Savoia.
p.270, Nel
nascimento del Prencipe di Mantova.
p.271, Nel
nascimento de la figliuola degli Eccellentiss(imi) Signori, il Sig. Marchese di
Pescara, et la Signora D. Lavinia de la Rovere.
p.272, Al Prencipe
di Parma.
p.273, Al Sig. Don
Ferrante Gonzaga.
p.273, Al Signor
Camillo Albizi Ambasciatore di Toscana.
p.274, Al Medesimo
sopra la sua arma.
p.274, Al Sig.
Conte Giulio Tassone.
p.275, A la Signora
Renata Pica.
p.276, Nella
trasportazione delle Cenere di Cesare, detta la Guglia.
p.276, Al Sig.
Anton. Maria Bardi.
p.277, In morte de
la Principessa di Parma.
p.277, In morte di
Monsignor Muretto.
p.278, Ne la morte
del Sig. Horatio Zanchini.
p.279, In morte de
la figliuola del Signor Conte Gio. Paulo (...).
p.279, Risposta al
Signor Curtio Arditio.
p.280, Al Padre Don
Angelo Grillo.
p.280, Risposta a
Don Angelo Grillo.
p.281, Al Sig.
Conte Annibal de Pepoli.
p.283, Ne la caduta
d’una Donna, et uno suo Innamorato l’aiuta levare.
p.283, Uno a la sua
Innamorata.
p.284, Al Sig.
Marco Pii.
p.285, A la Signora
Barbara Turca Pia.
p.286, A la Signora
Donna Marfisa d’Este.
p.288, Sopra una
impresa.
p.288, Caccia
amorosa.
p.290, Al Signor Agostino
Mosti.
p.292, Al Signor
Druso Barberano.
p.293, A le gatte.
p.294, Sopra la
barba del Signor Giacomo Paesano di Modona.
Torquato Tasso, poeta grave e pensoso nei libri
scolastici, in queste composizioni si mostra più leggero e legato alla quotidianità,
condividendo aspetti più domestici della vita delle corti. Eventi d’attualità
pubblici e privati, nascite, morti, bizzarrie, messe in versi e affidate a un
piccolo libro, che arriva fin nella montuosa Calabria, in mano a letterati
locali che ne sanno apprezzare l’arte e ricavarne anche profitto.
(Continua)
[1] Il frontespizio è perduto. La
dedica dello stampatore Benedetto Mammarello è datata il 1 Ottobre 1590. In
CNC-Edit 16 la sesta edizione appare pubblicata, oltre che a Ferrara nel 1592,
anche a Venezia e a Parma, e di nuovo a Venezia nel 1593.
[2] Sul leggero cartoncino che
consolida il piatto anteriore s’intravvede la scritta di un nome: Finetti de Sanctis (mano del sec. XVIII).
[3] Tasso, Torquato
(1544-1595), La Gerusalemme liberata: poema / del signor Torquato
Tasso; trasportata in lingua calabrese in ottava rima in questa prima edizione
da Carlo Cusentino. In Napoli: presso il
Parrino, 1737.
[4] Francesco
Quattromani, Carlo Cosentino
(Aprigliano 1671-1758). Aspetti biografici inediti del traduttore della Gerusalemme
Liberata in dialetto calabrese,
ricostruiti attraverso lo studio di fonti documentarie autentiche, Cosenza,
Luigi Pellegrini Editore, 2005; cfr. anche Pasquale
Tuscano, La letteratura in lingua
dal Seicento all’Illuminismo, in: Lezioni
di Letteratura calabrese, a cura dell’Istituto di Istruzione Superiore
Liceo Ginnasio Statale “G. Garibaldi” Istituto Statale d’Arte “A. Alfano”
Castrovillari, Cosenza, L. Pellegrini, 2005, pp. 120-122.
[5] Cfr. Rocco Capozzi
(edited by), Tra ‘Cantar
sommesso’ ed emulazione del modello; Carlo Cosentino e la ‘trasmutazione’ in
dialetto calabrese della Gerusalemme Liberata, in: Italo Calvino: lightness and multiplicity, «Rivista di studi italiani» (Toronto), 2003, pp. 49 sg.